Fonte: Corriere della sera
Il tema della premiership, potenzialmente esplosivo, è stato sollevato da Giorgia Meloni. Un ultimatum che arriva mentre l’erosione di FI mette duramente alla prova la sua ambizione moderata
Il tema di Palazzo Chigi è stato posto nel modo più diretto. E potenzialmente esplosivo. E non a caso, ieri, a sollevarlo è stata Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e candidata virtuale del centrodestra: così virtuale da averla indotta a rivolgere agli alleati una sorta di ultimatum. «Se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo sulla premiership», ha avvertito, «non avrebbe senso andare al governo insieme». Il messaggio arriva mentre l’erosione di FI mette duramente alla prova la sua ambizione moderata: nonostante il suo fondatore contesti questa tesi.
Le ricadute della fine del governo di Mario Draghi portano all’uscita dal partito di altri tre parlamentari, nella convinzione che ormai sia subalterno a Matteo Salvini. Non è escluso che altri abbandonino, convinti che non solo il grillismo al tramonto di Giuseppe Conte e la Lega, ma anche FI abbia indotto il premier al passo indietro. È anche la conferma di quanto sia difficile congelare gli equilibri usciti dalle elezioni del 2018. La geografia politica si sta riplasmando: a cominciare dalla nebulosa centrista, dove, tra veti e tensioni, Azione di Carlo Calenda si propone come interprete di Draghi, in vista di un’alleanza col Pd che somiglia a una sfida.
Sono tutti embrioni di coalizioni che marciano verso le urne senza un profilo compiuto. E Giorgia Meloni segnala un fenomeno trasversale. Dovunque si guardi, manca un’intesa su chi sarà il candidato o la candidata a Palazzo Chigi. Esistono rivendicazioni, non accordi. Si delineano principi teorici, soggetti tuttavia a un’interpretazione che solo il responso elettorale potrà tradurre in comportamenti. La competizione strisciante che si era vista nelle elezioni per i sindaci, nel centrodestra si sta trasferendo a livello nazionale.
Dentro FI serpeggiano ambizioni uguali a quelle di Meloni: con una parte dei Popolari europei pronti a sostenere un esponente berlusconiano per sbarrarle la strada. La leader di FdI è uscita allo scoperto per evitare che il centrodestra marci unito per poi dividersi dopo il 25 settembre: magari perfino usando internamente le polemiche un po’ stucchevoli e strumentali sul suo passato postfascista. La vera questione, semmai, è l’atteggiamento di oggi verso Europa e guerra della Russia. La sintonia anti-Bruxelles dell’ungherese Viktor Orbán accomuna FdI, Lega e FI. E Salvini e Berlusconi sono accusati di essere filo-Putin, rispetto a una Meloni «atlantista».